sabato 3 marzo 2012

assoluto silenzio


Assoluto silenzio

L’assoluto silenzio, la mancanza estrema
di un qualsivoglia flebile, malcelato segno, distrugge, nella quiete, i nostri cuori.

Si perdono gli animi, e il vero nemico è il destino avverso di chi ci sta intorno.
In battaglia o in guerra, non si va mai soli. Se un cencioso stendardo onore non fa alla sua terra, la vittoria gli ridà la gloria, e il suo popolo ritrova comune afflato.

Il vecchio piega il foglio antico, da immemori anni rinchiuso nel cassetto intarsiato in legno scuro. A grandi lettere, sedata, la sua grafia. Giovane, appose egli allora gli affastellati pensieri poetanti.

Rigira il foglio tra le mani, per metà tinto di grigio e ocra, certo dovuto a sigari e cenere di venti e più anni or sono. Ricordò con quale penna e in che stanza fu scritto. Le opposte mozioni, i fischi, le grida, le promesse disdette, le minacce, il turpiloquio, l’offesa. L’orgoglio e la pena.

Fu come un istante, rivide sua moglie al suo fianco. Si lasciarono come si lascia un lungo, caldo sogno. Lieta figura di coppia rappresa, incastonata nella cornice nuziale. Gabbia dell’anima, quella. Come guado insicuro, o sabbie mobili, fu rada e perdurante illusione. Sempre tesa all’orizzonte, che diventa sabbia e pietre, e mare, e sale e sole.

Sentiva, ella ormai, di non sentire più. Di non vedere più. La morte e la notte pensarono a strappargli quel sogno. Il suo seguito, cifra vitale, veglia sangue e dolore che pulsa in vene bluastre, fu il prosieguo e l’ignoto.

Il vecchio posò il foglio, sentì il suo fiato nel fumo del sigaro, seppe distinguere il suo nome da quello di tanti altri, giovani, bimbi, donne, uomini, che sanno contare le stelle, seguire e descrivere i segni del cielo in mille colori, e pregare ‘Dio nostro, il Signore Gesù’. Si alzò, posò la giacca, e tornò a sognare.  

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