lunedì 18 novembre 2013



Dietro ogni parola c’è un punto insicuro, segreto, proibito.
Dietro ogni segno una luce, un sospiro, un pensiero.
Discernere diviene d’improvviso difficile,
la cernita, lenta, spoglia il frutto,
 lasciandone solo il centro succoso, e pregno di nutrimento.
Così la vita, ci toglie poco a poco, goccia a goccia, momenti dell’esistere,
per donarcene di nuovi, che non conosciamo, come un racconto letto a metà.
Torniamo ogni giorno, e dopo il mare e il sole, il gelo la nebbia, la neve, troviamo sempre l’albero, la siepe, l’abbraccio, l’incontro amoroso. La tenda e il sipario lavorano per rivelarci la maschera, il giorno, la pioggia o il tragico epilogo, che i nostri occhi sono spesso costretti a notare.
Altri, per noi, danno voce a parole non vorremmo mai dire. Altri, ci portano immagini, suoni che oppongono ai nostri visi altri volti, diverse parole, nuovi mondi.

sabato 16 novembre 2013




Marta e il temporale.

Erano trascorsi due giorni da quando si erano sentiti l’ultima volta. Lei alle volte suo marito non lo capiva. Il temporale della notte precedente l’aiutò a schiarirsi le idee, che invece l’alcol aveva contribuito ad offuscare. Scese in spiaggia, e per la prima volta dopo molti anni, sentì una brezza settembrina accarezzarle la pelle, ed asciugarle le lacrime. Non riusciva a non pensare a ciò che aveva visto, alle parole di suo padre, e alla donna che, ne era sicura, avrebbe voluto tarparle le ali, per sempre. In sua presenza, si sentiva soffocare, annullata dalla persona che per tanti anni aveva considerato una fidata segretaria, e un’amica. Solo qualche mese fa, tuttavia, l’aveva scovata dietro il suo giardino a fare la spia. Una sera suo padre, accendendo il sigaro, le disse di aver visto della gente dietro casa, di chiudere bene a chiave al ritorno dal lavoro, e di aprire solo dopo aver chiesto chi fosse. Loro non erano soliti vivere li, vi ci si erano trasferiti da qualche tempo, al seguito della triste scomparsa di sua madre, una signora meravigliosa, che aveva lasciato un segno profondo nella sua vita e nella sua educazione. Non sopportavano di continuare a vivere nella vecchia casa cittadina, che peraltro, senza ascensore, era diventata oramai impervia per via dei quattro piani che suo padre faticava a salire per le scale. Perciò, da circa un anno, vivevano temporaneamente nella loro casa vicino al mare, in attesa che qualche nuova offerta di lavoro le permettesse di trasferirsi in un’altra città, Rovigo, Pistoia o Firenze. Sulla costa, si sa, c’era meno lavoro, e d’inverno tutto chiudeva, a parte quel triste andirivieni di autobus e macchine che andavano sempre altrove. Si, aveva la sensazione di vivere in un posto vuoto, fatto di case vuote, di gente vuota, senza sogni, senza un vero avvenire. Ma stamani, dopo la burrasca, quella brezza fresca e gentile la riportò al suo passato di bambina, e un pò la riconciliò con la torrida estate che stava attraversando, quel caldo ponte che divide la vita frenetica degli impiegati a contratto dalla noia dei cani assonnati che si aggirano alla ricerca di un pò d’ombra, e guaiscono quando ti vedono in giardino, sotto l’albero, al fresco.
Non c’erano navi all’orizzonte, segno certo che il maltempo aveva messo in fuga anche i pezzi grossi, dagli armatori ai commercianti con le enormi navi-cargo, che avevano scelto rotte diverse per ovviare al mal di mare.  Pina, la segretaria cui lei aveva confidato tante sue incertezze, si era dimostrata una gran cialtrona, avvertendo il capo di ogni suo movimento, di ogni piccola spesuccia, o di ogni sua uscita galante. Marta si accorse di essere spiata quando un giorno dal bagno, dietro la tenda della doccia, aveva scorto la chioma ribelle di Lina attraverso la finestra. Cosa ci faceva li, la signora Pina? Con una scusa, la chiamò parlando di alcuni fascicoli importanti di lavoro, disse che servivano della firme. Poi, con nonchalance, le chiese dove fosse, dicendole che se era in vacanza non ci sarebbero stati problemi. La Lina si tradì, volendo sembrare più ossequiosa e onesta del solito, e disse il vero, era proprio li alla marina, cosa che confermò il suo timore di averla scorta a fare la spia dietro casa sua. Non c’erano negozi nè altre abitazioni dietro il muro che divideva la sua stanza da bagno dal resto della casa, e nemmeno di fronte al giardino. L’unico luogo che avrebbe potuto attirare delle persone era la spiaggia, a circa un chilometro da casa sua, ma nell’altra direzione rispetto al lato della casa dove si trovava il suo bagno. Il piccolo viottolo dietro la sua casa portava solo al retrocucina, un vecchio stanzone nel sottoscala dove tenevano delle scorte di aqua e altri beni di prima necessità, dato che d’estate nei posti di mare spesso mancava luce, acqua e benzina, per cui era molto difficile riuscire a trovare un negozio aperto. Anche il corso principale del paese, si trovava in direzione completamente opposta, a nord rispetto al piano ortogonale che definiva il pezzetto di terra su cui dieci anni fa fu costruita la casa che suo padre acquistò. Ma Marta era certa che Lina si trovava proprio in quel viottolo. Lina, alla sua domanda rispose bruscamente, dopo essersi schiarita la voce un paio di volte, e disse di essere appena arrivata, ma che avrebbe subito cercato i documenti da validare. ‘Non si preoccupi, signora,’ disse Marta, ‘li ho qui sul computer, li farò stampare e poi gliene farò avere delle copie, che la prego di divulgare ai nostri colleghi’. Con un rapido saluto terminò la telefonata, e incredula, cominciò a dubitare della sua capacità di comprendere ciò che le stava accadendo. Poi c’era la questione relativa al signor Dorti. Una persona davvero orribile, insopportabile, che aveva cominciato a tartassarla di domande da qualche settimana. Domande di ogni tipo, dal ‘posso portarla a cinema’ a ‘cosa preferisce, pranzo dal Braghi o cena da Mordissimo’? non sopportava questo strano personaggio che la ossessionava con le sue telefonate, le sue strane attenzioni, e che si rifiutava di capire che lei non era interessata a lui, ma al suo uomo, lontano, che amava profondamente, e da cui non avrebbe mai voluto slegarsi. Il sig. Dorti era un funzionario alle dipendenze di suo padre quando ella era ancora ragazza, che crebbe di rilievo nel suo ambito d’ufficio grazie a suo padre, uomo per cui egli era diventato un vero e proprio idolo. Una volta in pensione, suo padre rifiutò ulteriori contatti con Dorti, ma questi si impuntò a telefonare di continuo, importunando lei, che gli faceva da segretaria dicendo che non era in casa. Erano circa dieci anni che lui le faceva una corte indecente e che lei senza alcuna esitazione continuava a rifiutare, ridendone con le amiche a cena, odiandolo quando egli si presentava in modo maldestro a far capire che c’era del tenero, e bugiardamente, le afferrava la mano fingendo romanticherie. Lei aveva finalmente trovato il coraggio l’altra sera di dirlo al suo fidanzato, ma temeva ora che questi, sprovvedutamente, potesse andare da Dorti e dargli una lezione. Sentiva il peso dell’aver deciso di parlare, consapevole che lui, detto dagli amici  ‘il pescecane’ scherzosamente, dato il suo carattere avventato, gelosissimo, avrebbe voluto una rivalsa amorosa. Scopri, così, che la Lina passava anche a lui il dettaglio di tutte le sue telefonate, e si sentì profondamente tradita anche da suo marito. Si perchè Stanislao, dirigente d’impresa, a sua insaputa l’aveva assoldata dato che il suo capo gli aveva detto che le due erano entrate in confidenza. La consapevolezza di quanto suo marito volesse tenerla sott’occhio generava in lei sentimenti che ella stessa stentava a riconoscere. Si guardò allo specchio, sentendosi un pò stordita dal sonno, prese il caffè che freddatosi era anche più appetibile, e tornò in spiaggia per decidere sul da farsi.  Pensò ma perchè? Stanislao non poteva certo aver dubitato di lei. Allora forse era per proteggerla, ma da chi? Da Dorti? O da qualcuno di cui ella non sapeva? Cosa stava veramente accadendo, e perchè lei veniva tenuta sempre all’oscuro di tutto? Anche quel commento di suo padre, sulle possibili aggressioni in casa, aveva qualcosa a che fare con tutta quella situazione? E cosa c’entrava il signor Edergard, vicino di casa francofono, che una volta sulla spiaggia, salutandola, le disse, ‘signora, saluti tanto suo marito, e per quella questione gli dica di stare tranquillo, lui sa già di cosa si tratta’. Quando chiese a Stanislao lui fu molto evasivo, più del solito, dicendo ‘non parliamone ora, aspetta che torni dal lavoro domani, e che mi riposi poi ti dirò’. Ma c’era un’altra cosa che lei aveva scoperto da non molto: i signori Edergard erano li già prima che loro vi si trasferissero, e la signora, molto dotta, forse un avvocato o un’insegnante, aveva un fitto giro di amicizie importanti nella zona, non ultima la famiglia del suo capo, che spesso si intratteneva da loro nel giardino o al ristorante. Anche la sera precedente aveva avuto modo di notarlo, forse allora gli Edergard conoscevano anche la Pina? Mentre si trastullava con queste idee,  vide scurirsi il cielo, e di li a poco, vento e nubi tornarono, costringendola a rientrare in fretta. Il mare oggi era diverso infatti, anche l’odore della salsedine e delle sedie abbandonate al sole era cambiato, come un’odore di muffa e di umido misto ad altri elementi marini. Ma lei non avrebbe certo lasciato che tutto ciò la deprimesse. A casa, aspettando suo padre, iniziò un nuovo dipinto. Certo, i temporali avevano un effetto strano su di lei. C’era un qualche nesso che le sfuggiva al momento, ma di sicuro prima o poi avrebbe capito. E in effetti capì. Ma molti anni dopo, quando il fatto stesso di aver compreso quello strano andirivieni di personaggi effimeri e falsamente interessati alla sua persona non aveva ormai più alcun rilievo. Suo padre morì di li a poco in un incidente stradale, e lei nella disperazione, aveva convinto Stanislao a vendere la casa al mare e a comprarne una in montagna, ove si trasferirono nel giro di pochi mesi. Nel frattempo era anche nato suo figlio Marcello, e appena svuotata dal pancione da puerpera dovette, suo malgrado ricominciare a lavorare sodo.


Senza dolore

Sprofondare nella notte più profonda,
E non svegliarsi più, mai più.
Senza dolore ,
Affondare nel mare più argentato,
E non tornare più, mai più.
Senza dolore.
Io urlo senza dolore,
il dolore lo immagino – un’immagine che fa male.
Un dolore futuro, da silenziare, da cancellare.
Risale i percorsi dell’anima,
la memoria, è vero, non appartiene a me.