sabato 3 marzo 2012

non posa


Non posa



Non posa, risuona, nell’atrio, la vecchia campana.
Mai stanca, la mamma lavora di primo mattino,
Ben pronto si affaccia il destino.
Di giorni festosi e di lazzi gioiosi,
Di lievi o affannose fatiche,
Di lenti sbadigli, frammisti all’odore del sonno.

Stanco, il vecchio si allaccia le scarpe, si guarda e, impettito, scruta i segni del mondo, e il suo volto riflesso in un secchio. L’acqua, traspare di pietra in pietra, bagna il monte, disseta la gente. Piano, freme la foglia, e canta col vento che abbraccia la valle.

Il folto bosco accarezza i petali di mille fiori, che presto, colorano il prato.
La stanca farfalla si affida al meriggio, e fragile e antica, tocca l’erba e si libra a mezz’aria.  

Pochi, radi capelli, che il pettine a stento raccoglie.
Il vecchio esce di casa, con lenti passi scende le scale e si porta al pianterreno.
Con forza imprevista, apre il grosso portone ed emerge, raccolto da panni ormai lisi.

Ecco di nuovo il bavero, la giacca, l’incedere sghembo, e il lezzo dei vicoli attorno al vecchio casato, che fu di nobili un tempo, e che egli acquistò.

Una volta per strada, si dirige in città.

Certo, calata la sera, poche stelle si fingono ancora sopite.
La luna si affaccia a guardare la notte, il vecchio, e il mondo che torna da perigliosi affanni.
Il lungo lavoro diurno contrasta e rinfranca isolati notturni pensieri. Il vecchio guadagna i suoi sogni, respira, e guarda al mattino con occhi più mesti.  

Con mezzi non certi costruisce, a fatica, un pur vero futuro.
 La sfida del sogno diviene realtà.

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