Marta e il
temporale.
Erano trascorsi
due giorni da quando si erano sentiti l’ultima volta. Lei alle volte suo marito
non lo capiva. Il temporale della notte precedente l’aiutò a schiarirsi le idee,
che invece l’alcol aveva contribuito ad offuscare. Scese in spiaggia, e per la
prima volta dopo molti anni, sentì una brezza settembrina accarezzarle la
pelle, ed asciugarle le lacrime. Non riusciva a non pensare a ciò che aveva
visto, alle parole di suo padre, e alla donna che, ne era sicura, avrebbe
voluto tarparle le ali, per sempre. In sua presenza, si sentiva soffocare,
annullata dalla persona che per tanti anni aveva considerato una fidata
segretaria, e un’amica. Solo qualche mese fa, tuttavia, l’aveva scovata dietro
il suo giardino a fare la spia. Una sera suo padre, accendendo il sigaro, le
disse di aver visto della gente dietro casa, di chiudere bene a chiave al
ritorno dal lavoro, e di aprire solo dopo aver chiesto chi fosse. Loro non
erano soliti vivere li, vi ci si erano trasferiti da qualche tempo, al seguito
della triste scomparsa di sua madre, una signora meravigliosa, che aveva
lasciato un segno profondo nella sua vita e nella sua educazione. Non
sopportavano di continuare a vivere nella vecchia casa cittadina, che peraltro,
senza ascensore, era diventata oramai impervia per via dei quattro piani che
suo padre faticava a salire per le scale. Perciò, da circa un anno, vivevano
temporaneamente nella loro casa vicino al mare, in attesa che qualche nuova
offerta di lavoro le permettesse di trasferirsi in un’altra città, Rovigo,
Pistoia o Firenze. Sulla costa, si sa, c’era meno lavoro, e d’inverno tutto
chiudeva, a parte quel triste andirivieni di autobus e macchine che andavano
sempre altrove. Si, aveva la sensazione di vivere in un posto vuoto, fatto di
case vuote, di gente vuota, senza sogni, senza un vero avvenire. Ma stamani,
dopo la burrasca, quella brezza fresca e gentile la riportò al suo passato di
bambina, e un pò la riconciliò con la torrida estate che stava attraversando,
quel caldo ponte che divide la vita frenetica degli impiegati a contratto dalla
noia dei cani assonnati che si aggirano alla ricerca di un pò d’ombra, e
guaiscono quando ti vedono in giardino, sotto l’albero, al fresco.
Non c’erano navi
all’orizzonte, segno certo che il maltempo aveva messo in fuga anche i pezzi
grossi, dagli armatori ai commercianti con le enormi navi-cargo, che avevano
scelto rotte diverse per ovviare al mal di mare. Pina, la segretaria cui lei aveva confidato
tante sue incertezze, si era dimostrata una gran cialtrona, avvertendo il capo
di ogni suo movimento, di ogni piccola spesuccia, o di ogni sua uscita galante.
Marta si accorse di essere spiata quando un giorno dal bagno, dietro la tenda
della doccia, aveva scorto la chioma ribelle di Lina attraverso la finestra.
Cosa ci faceva li, la signora Pina? Con una scusa, la chiamò parlando di alcuni
fascicoli importanti di lavoro, disse che servivano della firme. Poi, con
nonchalance, le chiese dove fosse, dicendole che se era in vacanza non ci
sarebbero stati problemi. La Lina si tradì, volendo sembrare più ossequiosa e
onesta del solito, e disse il vero, era proprio li alla marina, cosa che
confermò il suo timore di averla scorta a fare la spia dietro casa sua. Non
c’erano negozi nè altre abitazioni dietro il muro che divideva la sua stanza da
bagno dal resto della casa, e nemmeno di fronte al giardino. L’unico luogo che
avrebbe potuto attirare delle persone era la spiaggia, a circa un chilometro da
casa sua, ma nell’altra direzione rispetto al lato della casa dove si trovava
il suo bagno. Il piccolo viottolo dietro la sua casa portava solo al
retrocucina, un vecchio stanzone nel sottoscala dove tenevano delle scorte di
aqua e altri beni di prima necessità, dato che d’estate nei posti di mare
spesso mancava luce, acqua e benzina, per cui era molto difficile riuscire a
trovare un negozio aperto. Anche il corso principale del paese, si trovava in
direzione completamente opposta, a nord rispetto al piano ortogonale che
definiva il pezzetto di terra su cui dieci anni fa fu costruita la casa che suo
padre acquistò. Ma Marta era certa che Lina si trovava proprio in quel
viottolo. Lina, alla sua domanda rispose bruscamente, dopo essersi schiarita la
voce un paio di volte, e disse di essere appena arrivata, ma che avrebbe subito
cercato i documenti da validare. ‘Non si preoccupi, signora,’ disse Marta, ‘li
ho qui sul computer, li farò stampare e poi gliene farò avere delle copie, che
la prego di divulgare ai nostri colleghi’. Con un rapido saluto terminò la
telefonata, e incredula, cominciò a dubitare della sua capacità di comprendere
ciò che le stava accadendo. Poi c’era la questione relativa al signor Dorti.
Una persona davvero orribile, insopportabile, che aveva cominciato a
tartassarla di domande da qualche settimana. Domande di ogni tipo, dal ‘posso
portarla a cinema’ a ‘cosa preferisce, pranzo dal Braghi o cena da Mordissimo’?
non sopportava questo strano personaggio che la ossessionava con le sue
telefonate, le sue strane attenzioni, e che si rifiutava di capire che lei non
era interessata a lui, ma al suo uomo, lontano, che amava profondamente, e da
cui non avrebbe mai voluto slegarsi. Il sig. Dorti era un funzionario alle
dipendenze di suo padre quando ella era ancora ragazza, che crebbe di rilievo
nel suo ambito d’ufficio grazie a suo padre, uomo per cui egli era diventato un
vero e proprio idolo. Una volta in pensione, suo padre rifiutò ulteriori
contatti con Dorti, ma questi si impuntò a telefonare di continuo, importunando
lei, che gli faceva da segretaria dicendo che non era in casa. Erano circa
dieci anni che lui le faceva una corte indecente e che lei senza alcuna
esitazione continuava a rifiutare, ridendone con le amiche a cena, odiandolo
quando egli si presentava in modo maldestro a far capire che c’era del tenero,
e bugiardamente, le afferrava la mano fingendo romanticherie. Lei aveva
finalmente trovato il coraggio l’altra sera di dirlo al suo fidanzato, ma
temeva ora che questi, sprovvedutamente, potesse andare da Dorti e dargli una
lezione. Sentiva il peso dell’aver deciso di parlare, consapevole che lui,
detto dagli amici ‘il pescecane’
scherzosamente, dato il suo carattere avventato, gelosissimo, avrebbe voluto
una rivalsa amorosa. Scopri, così, che la Lina passava anche a lui il dettaglio
di tutte le sue telefonate, e si sentì profondamente tradita anche da suo
marito. Si perchè Stanislao, dirigente d’impresa, a sua insaputa l’aveva
assoldata dato che il suo capo gli aveva detto che le due erano entrate in
confidenza. La consapevolezza di quanto suo marito volesse tenerla sott’occhio
generava in lei sentimenti che ella stessa stentava a riconoscere. Si guardò allo
specchio, sentendosi un pò stordita dal sonno, prese il caffè che freddatosi
era anche più appetibile, e tornò in spiaggia per decidere sul da farsi. Pensò ma perchè? Stanislao non poteva certo
aver dubitato di lei. Allora forse era per proteggerla, ma da chi? Da Dorti? O
da qualcuno di cui ella non sapeva? Cosa stava veramente accadendo, e perchè
lei veniva tenuta sempre all’oscuro di tutto? Anche quel commento di suo padre,
sulle possibili aggressioni in casa, aveva qualcosa a che fare con tutta quella
situazione? E cosa c’entrava il signor Edergard, vicino di casa francofono, che
una volta sulla spiaggia, salutandola, le disse, ‘signora, saluti tanto suo
marito, e per quella questione gli dica di stare tranquillo, lui sa già di cosa
si tratta’. Quando chiese a Stanislao lui fu molto evasivo, più del solito,
dicendo ‘non parliamone ora, aspetta che torni dal lavoro domani, e che mi
riposi poi ti dirò’. Ma c’era un’altra cosa che lei aveva scoperto da non
molto: i signori Edergard erano li già prima che loro vi si trasferissero, e la
signora, molto dotta, forse un avvocato o un’insegnante, aveva un fitto giro di
amicizie importanti nella zona, non ultima la famiglia del suo capo, che spesso
si intratteneva da loro nel giardino o al ristorante. Anche la sera precedente
aveva avuto modo di notarlo, forse allora gli Edergard conoscevano anche la Pina?
Mentre si trastullava con queste idee,
vide scurirsi il cielo, e di li a poco, vento e nubi tornarono,
costringendola a rientrare in fretta. Il mare oggi era diverso infatti, anche
l’odore della salsedine e delle sedie abbandonate al sole era cambiato, come
un’odore di muffa e di umido misto ad altri elementi marini. Ma lei non avrebbe
certo lasciato che tutto ciò la deprimesse. A casa, aspettando suo padre,
iniziò un nuovo dipinto. Certo, i temporali avevano un effetto strano su di
lei. C’era un qualche nesso che le sfuggiva al momento, ma di sicuro prima o
poi avrebbe capito. E in effetti capì. Ma molti anni dopo, quando il fatto
stesso di aver compreso quello strano andirivieni di personaggi effimeri e
falsamente interessati alla sua persona non aveva ormai più alcun rilievo. Suo
padre morì di li a poco in un incidente stradale, e lei nella disperazione,
aveva convinto Stanislao a vendere la casa al mare e a comprarne una in
montagna, ove si trasferirono nel giro di pochi mesi. Nel frattempo era anche
nato suo figlio Marcello, e appena svuotata dal pancione da puerpera dovette,
suo malgrado ricominciare a lavorare sodo.